Emanuele Perego Architetto Art Director Storyteller
Percorso
“In natura, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.”
“In nature, nothing is created, nothing is destroyed, everything is transformed.”
“Dans la nature, rien ne se crée, rien n’est détruit, tout se transforme.”
“En la naturaleza, nada se crea , nada se destruye, todo se transforma.”Antoine-Laurent de Lavoisier (1743-1794)
Emanuele in pillole
Emanuele Perego nasce nel cuore della Brianza, a Monza, la città della Corona Ferrea e della regina Teodolinda, cui è particolarmente affezionato. Dopo la scuola superiore si iscrive al Politecnico di Milano, conseguendo la laurea nell’ateneo milanese con la specializzazione in Progettazione Architettonica.
La sua tesi si concentra sulla città di Monza, a conferma del suo stretto legame con la città brianzola.
Sempre al Politecnico, consegue l’esame di abilitazione professionale.
Ultimato il percorso universitario, Emanuele decide di passare brevi periodi all’estero, viaggiando principalmente in Europa, mostrandosi disponibile e aperto alle contaminazioni provenienti da altre culture. Si definisce un conservatore liberale, non a caso apprezza in particolare la cultura anglosassone.
Inizia a maturare esperienze lavorative nell’ambito della progettazione e nella realizzazione di oggetti di design. Partecipa attivamente a fiere e mostre nazionali ed internazionali, collabora lealmente con vari architetti e designers.
Nel corso degli anni affina sempre di più la predisposizione per la fornitura e l’arredo di appartamenti privati e spazi pubblici, quali attività commerciali e office space. Realizza inoltre come artista/artigiano oggetti d’arredo su disegno e commessa, arredamenti su misura e contract.
Attualmente, Emanuele porta avanti la tradizione presso l’azienda di famiglia, perego1963, ricoprendo il ruolo di art director.
Nel tempo libero legge libri, visita mostre e mercati, viaggia per città italiane e straniere alla ricerca di nuovi stimoli artistici e culturali da assorbire e fare propri. Se parliamo di aritmetica, tre è suo il numero preferito.
Si interessa anche all’economia e alla storia inglese e americana in particolare. Adora il tennis e il soccer. E’ un fedele supporter del Calcio Monza, fin da bambino. Scrive di calcio sulla testata online “La voce del Trentino” , dove cura la propria rubrica “La sfera e lo spillo”. Collabora inoltre con i suoi articoli al portale “Zona calcio fai da te” e “Monza news”.
E’ iscritto all’albo professionale dei giornalisti della Lombardia (elenco Pubblicisti).
Ego
“Il modo migliore per cercare di capire il mondo è vederlo dal maggior numero possibile di angolazioni.”
Ari Kiev
Inconscio
“La filosofia del tè non è un banale estetismo, essa ci aiuta a esprimere, insieme all’etica e alla religione, il nostro modo di vedere l’uomo e la natura. Questa filosofia ha influenzato l’arredamento delle nostre case, le nostre abitudini, la nostra ceramica, i nostri vestiti, la scultura e la letteratura. Quando parliamo di un uomo insensibile, codardo e superficiale diciamo che “non ha il tè”.
Okakura Kakuzo (1862-1913) sulla Cerimonia del The giapponese tratto da “Il libro del té”
Il progetto teorico
Introduzione
Monza si trova nel secondo millennio nella necessità di avviare una fase nuova, in cui i problemi e le difficoltà ereditate dal recente passato siano tradotte in potenzialità di trasformazione e di rinnovamento.
L’obiettivo del nostro progetto è pertanto una sorta di “proposta” rivolta alla città, che vuole avvicinare Monza alle realtà europee e prefigurare un miglioramento della qualità della vita urbana. Un progetto in cui la funzione “parco” sia essenziale e in grado di istituire nuove centralità all’interno della città. Il progetto realizza un nuovo paesaggio nel quale lo spazio pubblico ed i servizi per il lavoro e per il tempo libero diventano elementi prioritari, e nel quale un grande spazio centrale da destinare a parco rappresenta un nuovo luogo di socialità, integrato nella struttura di quartiere relazionato con il Parco Reale.
Occorre considerare il paesaggio a tutto tondo, e operare in modo da tenere in considerazione ogni elemento naturale rapportandolo all’insieme di cui fa parte. Occorre avere una percezione visiva del sito nel suo insieme, riscoprire una nuova composizione in cui il paesaggio viene preso come un tutt’uno con il contesto reale di cui fa parte. Il paesaggista si fa interprete dello spazio. Un buon paesaggista deve conoscere gli elementi del sistema nelle sue dimensioni spazio-temporali , e, a differenza dell’architetto, non deve tendere a considerare l’oggetto architettonico come elemento dominante e determinante nella composizione di uno spazio.
Il parco è un’ invenzione del diciannovesimo secolo e nacque per dar modo alle nuove città di riflettere sulla propria esistenza. I parchi storici nascono con uno spirito di antagonismo nei confronti della città esistente e sono accomunati da una matrice dimensionale, una sorta di “unità di misura urbana”, che corrisponde alle dimensioni del parco Sempione milanese. Tutte le grandi città hanno creato i loro incomparabili parchi romantici, seguendo i caratteri della tradizione anglosassone o di quella franco-tedesca-italiana.
Per quanto riguarda i parchi contemporanei, non si può ancora parlare di tradizione, sia per la giovane età, sia per il diverso approccio da cui emergono, non riconducibile a modelli predefiniti. Tuttavia, è possibile rintracciare una casistica confrontabile degli atteggiamenti progettuali. Si possono riconoscere il parco bonifica, nel quale l’approccio affronta il tema della riqualificazione del paesaggio in zone particolarmente degradate, il parco tecnologico, che accosta la produzione tecnologicamente avanzata e l’elemento naturale, il parco classico, che ripropone quello centrale della tradizione storica, il parco tematico, che cerca di coniugare l’idea del tempo libero con finalità informative ed educative.
L’area verde ha oggi per la città nomi ed aspetti infiniti. La molteplicità fenomenica del moderno parco urbano esige un variegato spettro di interventi, che devono tener conto del fatto che progettare la forma di uno spazio significa progettare la forma della città, la sua immagine e la sua identità.
Il parco della Villette di Parigi è un esempio delle forme più estreme di parco. Il parco non è più visto come una rustica macchia verde, ma come uno spumeggiante punto nodale di intensa vita urbana, con un’impressionante elenco di attività. Il verde rimane minoritario, il parco non si pone in antitesi con la città, anzi diventa una vera e propria ode alla città, a cui tenta di tenersi sullo stesso piano di originalità.
I parchi Bercy e Citroen di Parigi invece sono stati creati con l’obiettivo di riqualificare due aree periferiche, occupate da depositi vinicoli nel primo caso, e da stabilimenti industriali nel secondo.
LA CITTA’ DI MONZA
La città è interamente percorsa e bipartita dal Lambro. Il fiume ha determinato per buona parte la struttura storica e la configurazione per parti del nucleo antico, che ad oggi mantiene una forte riconoscibilità e racchiude un monumento di importanza straordinaria, il Duomo. Il centro rimane dunque l’area principale, sia dal punto di vista funzionale che in senso civile.
Il parco che gravita su Villa Reale, edificio neoclassico nonché secondo e fondamentale monumento della città, si sviluppa verso nord e dà vita a una bipolarità di città e di natura. La città industriale si sviluppa a lato, il Parco a nord rimane come grande spazio libero cintato.
Il parco di Monza, esteso quasi 700 ettari, costituisce uno tra i maggiori parchi storici europei tra quelli cintati da mura. I progetti che si sono susseguiti nel tempo non sono mai riusciti a definire uno “stadio compiuto” del parco, che rimane in continua evoluzione dinamica. Nonostante l’alterazione del disegno originario compiuta a inizio secolo e nonostante l’incuria degli ultimi anni, il Parco di Monza è ancora oggi un paesaggio unico nel suo genere e senza precedenti, caratterizzato da notevoli valori storici.
Il parco nasce per volere dell’imperatore Napoleone III di Beauharnais, il quale incaricò verso i primi dell’ottocento Luigi Canonica di progettare l’ampliamento del complesso della Villa e dei giardini.
Dal 1814 il parco è gestito dagli austriaci, mentre dal 1860 passa alla famiglia Savoia.
Nel 1920 il Parco viene ceduto ad un consorzio formato dai comuni di Monza, di Milano e dalla Società Umanitaria. A sua volta il consorzio concede a terzi parti consistenti del parco, contribuendo al definitivo declino del grande parco originario. Vengono costruiti l’Autodromo e l’Ippodromo, ed in seguito un campo da golf, il Tennis-club e la pista di hockey.
MONZA E LA SUA STORIA
Il territorio monzese fu abitato già in epoca preromana. Nel cuore dell’attuale città esisteva un “vicus” romano chiamato Modicia, che dipendeva dal municipium milanese. Solo con l’epoca longobarda il vico conquista un proprio ruolo autonomo. La città viene incastellata al tempo di Berengario, e nei periodi feudali e comunali, per sottrarsi alla giurisdizione milanese, sostiene la causa imperiale di Federico Barbarossa, che la elegge a nuovo centro politico e amministrativo. Con l’affermarsi della signoria dei Visconti, si determinano alcuni caratteri dell’impianto urbano come noi lo conosciamo. Viene costruito l’Arengario, nuovo palazzo del Comune, un castello e nuove mura. A partire dal XV secolo la storia monzese cessa. Viene il tempo delle pestilenze e la popolazione monzese diminuisce della metà. La città passa sotto il dominio dei De Leyva, feudatari ricordati per una spietata fiscalità, e dal 1648 ai banchieri Durini, che la tengono fino alla soppressione dei feudi.
La presenza della Villa Reale ha influssi evidenti sulla vita cittadina. Nel 1777 Maria Teresa d’Austria fa costruire la Villa Reale , e da allora si succedettero in essa gli Asburgo, i Napoleoni e i Savoia. Il regicidio di Umberto I il 29 Luglio 1900 provoca l’allontanamento dei Savoia da Monza e la conseguente decadenza della Villa Reale.
LA CITTA’ CHE CAMBIA
Monza è consolidata come città prossima ma autonoma dalla metropoli milanese e al centro di un’area territoriale ben precisa, la Brianza, con cui mantiene un rapporto di continuità geografica e di integrazione economica e culturale. La realtà territoriale monzese e brianzola è stata alterata profondamente dalla divisione in Province che l’hanno resa una grande area periferica indifferenziata. Essa deve riappropriarsi dei suoi caratteri specifici, rafforzare il policentrismo. Monza deve proiettarsi in questo senso come polo essenziale della Brianza.
Il problema della città attuale è soprattutto la periferia e la sua integrazione con il centro. Il dilemma della città è un dilemma progettuale. Ogni pianificazione urbana ha preoccupazioni di vincoli pratici e necessità sociali, ed è incapace di conferire un disegno ordinatore allo sviluppo della città. Il tessuto urbano è allora incerto, non si rapporta con l’esistente; la qualità urbana progressivamente scade e tende ad omologarsi con l’indifferenziata periferia milanese. L’area oggetto di intervento progettuale è ubicata in zona centrale, ai margini del centro storico e si estende a sud fino ai confini comunali. Si tratta di una zona incompiuta con grandi potenzialità di trasformazione e di considerevoli dimensioni. L’area si presenta come una smagliatura, una frattura rispetto al tessuto urbano adiacente. Si tratta di un paesaggio privo di relazioni e di caratteri significativi, al quale occorre trovare un ordine spaziale e una propria identità.
VICENDE URBANISTICHE
Formazione storica della struttura urbana
Dall’insediamento romano, probabilmente di dimensioni modeste, dal VI sec d.C Monza divenne un centro con una popolazione stabile e con un suo assetto urbanistico definito dal complesso del palazzo fatto costruire da Teodolinda. In seguito Federico I il Barbarossa fece iniziare la costruzione di un nuovo palazzo e i 3 piazzali (pratum boum, pratum parvum, pratum magnum) iniziano a monopolizzare la vita commerciale e sociale. Nel periodo dei comuni Monza presenta un nucleo fortificato. All’esterno delle mura sono distribuiti i borghi, centri di artigianato importanti grazie all’apporto dei Frati Umiliati.
La presenza del Lambro funge da propulsore delle attività agricole; il fiume era attraversato da 5 ponti.
Nella prima metà del XIV secolo, con i Visconti, Monza subisce mutamenti urbanistici rilevanti. I borghi esterni vengono ricompresi nella città, la città viene cinta di nuove mura che fissano in modo definitivo la forma della città. L’assetto urbanistico non subirà grandi modifiche fino al passaggio al dominio asburgico, nel 1706. Monza assiste a una ristrutturazione viaria, urbana e territoriale. Le mura iniziano ad essere smantellate, e viene iniziata la costruzione della Villa Reale, dal 1777 al 1780, che rappresenterà il fulcro di espansione, determinando il sorgere di nuovi viali e altre ville residenziali, e allora stesso tempo limiterà l’espansione edilizia a nord, ampliando la sua superficie. Nel 1721 un editto asburgico sancisce la soppressione delle proprietà religiose. La disponibilità di tali costruzioni favorisce l’insediarsi di unità manifatturiere all’interno della città. Lo sviluppo industriale inizia a far sentire i suoi effetti nella morfologia urbana di Monza e delle città lombarde.
Nel 1805 un decreto imperiale di Napoleone annuncia la creazione di un grande parco reale. Il vicerè Eugenio di Beauharnais affida il progetto a Luigi Canonica, coadiuvato dal capo giardiniere Luigi Villoresi.
Alla costruzione della Villa e del Parco corrisponde una generale riforma urbana della città tra ‘700 e ‘800: il neoclassicismo appare uno dei momenti decisivi della trasformazione di Monza.
Nel 1816 Monza ritorna all’Austria e diviene ufficialmente “città”. Si registra un marcato fenomeno di inurbamento, con un aumento di popolazione progressivo. Continuano gli interventi di carattere pubblico sulla riorganizzazione delle strade.
Nel 1838 viene costruita la “contrada ferdinandea” in occasione dell’arrivo di Fernando I d’Austria.
Nel 1840 viene aperto il tronco ferroviario Milano-Monza, prolungato nel 1849 fino a Camerlata (Como).
Lo sviluppo industriale dà origine a fenomeni quali: convivenza caotica tra industria e residenza,saturazione delle aree, annullamento dei confini tra città e campagna per dar luogo al fenomeno della periferia. Il centro assume sempre più carattere commerciale e terziario.
Nel 1925 viene costruita la nuova sede municipale e le aree centrali subiscono un nuovo assetto.
Nel secondo dopoguerra, con l’incremento demografico, si assiste a un’espansione indifferenziata, che prosegue fino agli anni ottanta, dove la crescita residenziale porta a una dilatazione della forma urbana che trascura la sua qualità insediativa.
Con gli anni novanta è sempre più impellente la necessità di un nuovo strumento urbanistico e di nuove regole di piano e di gestione. Nel 1993 il prof. Benevolo viene incaricato dal Consiglio comunale di redigere un nuovo Piano Regolatore della città con l’obiettivo di preservarne l’identità urbana e di rinnovarla.
LA MORFOLOGIA
Nella morfologia di Monza assume un ruolo importante il Lambro, che attraversa longitudinalmente la città.
Un altro essenziale elemento morfologico per la città è costituito dalle Mura, costruite nel 1333 da Azzone Visconti ed abbattute nel 1813, che hanno lasciato un profondo segno nel tessuto della città.
Il nucleo più antico è ben riconoscibile e da esso si dipartono a raggiera le principali arterie. Monza è una città monocentrica, nella quale il centro della città coincide con il centro fisico. Fuori dal centro si trova la Villa Reale con il suo grande parco. Oltre alla ferrovia, la presenza del fiume Lambro e della naturale depressione hanno caratterizzato la zona sud-orientale che si è venuta a trovare sfavorita e mal collegata al resto della città, ed è stata sede dei primi insediamenti industriali.
L’urbanizzazione si appoggia in larga parte all’esile rete insediativa di cent’anni fa. Le infrastrutture non sono adeguate: i tratti ferroviari sono antiquati, il sistema stradale è incoerente. Manca un collegamento con la città in senso est ovest. Per quanto riguarda la viabilità interna, Monza possiede un sistema tangenziale incompleto. Manca un sistema distributivo intermedio tra la tangenziale e la circonvallazione. Non esistono collegamenti tra la tangenziale e il cavalcavia Turati, unico varco di comunicazione tra i due settori della città separati dalla ferrovia e dal Lambro. Nel centro storico si assiste a carenza di disponibilità di parcheggi.
IL NUOVO P.R.G. DEL PROF. BENEVOLO
Il nuovo piano si basa sull’analisi realistica delle esigenze di una popolazione stabilizzata, e centrato sull’arricchimento qualitativo. Il piano vuole ridefinire un nuovo ruolo per la città: Monza deve ritrovare un ruolo autonomo, diventare un centro di gravitazione significativo, e può trovare un dialogo con Milano e col retroterra della Brianza. Il piano si prefigge di limitare la capacità insediativa per tutte le destinazioni funzionali e di valorizzare gli elementi territoriali di origine storica.
Il prof. Benevolo suddivide l’intero territorio comunale in 4 zone:
- il centro storico, che acquista un ruolo importantissimo di rilevanza urbana e territoriale. L’antica città murata deve ridiventare un luogo privilegiato;
- la periferia consolidata, deve essere riqualificata migliorando la qualità ambientale e rifinendo la sua architettura;
- il parco di cintura urbana, oggetto di un proprio piano territoriale e che dovrà integrarsi con gli spazi comuni circostanti. La sua funzione principale è quella di realizzare una zona prevalentemente aperta che fornisca alla città i servizi occorrenti e la cornice ambientale appropriata;
- il parco reale, da preservare e di cui assicurare l’integrità. Occorre aggiornare le sue destinazioni d’uso;
Lo sviluppo residenziale ha conosciuto forte impulso dal secondo dopoguerra in avanti , ma in maniera disorganica. L’aumento dei residenti è ancora in atto, si pone quindi la necessità di incrementare il patrimonio di alloggi.
Il settore produttivo della città è oggi relegato a un ruolo marginale, penalizzato dalla crescita residenziale, e dalla mancanza di infrastrutture. Il piano prevede di riutilizzare alcune aree in favore di attrezzature terziarie e di servizio alla città. Prevede inoltre aree per insediamenti produttivi con dotazioni infrastrutturali all’altezza.
Il fine ultimo del P.R.G. è la preservazione dell’identità urbana di Monza. Il progetto vuole valorizzare gli elementi forti della città, migliorare il tessuto della periferia e assicurare alla città spazi aperti in cui il “verde” assume importanza e un ruolo principale.
In alcune aree è possibile rimodellare il paesaggio in coerenza con la struttura antica, e riqualificare il paesaggio: lungo il corso del Lambro, nel cuore monumentale.
Il P.R.G. prevede una serie di interventi per la mobilità sul territorio comunale che riguardano la rete ferroviaria, la rete stradale ed i trasporti pubblici quali il completamento del sistema tangenziale di Monza, l’abbassamento del ramo ferroviario in direzione Carnate-Lecco, la realizzazione di nuove stazioni ferroviarie e la chiusura al traffico del cavalcavia di via Turati.
A Monza il fiume Lambro incrocia vicino alla stazione ferroviaria il canale Villoresi,opera idraulica eseguita nel 1880 per irrigare e promuovere l’agricoltura. Il fiume è lungo 130 km, entra in territorio comunale e si divide in due rami che si riuniscono presso Piazza Castello.
La ferrovia Milano-Monza, inaugurata nel 1840, ha favorito lo sviluppo dell’industria e ha dato avvio all’accelerazione economica. Altri edifici importanti da riconsiderare sono: l’officina meccanica Hensenberger, le telerie Frette, la torre viscontea , la casa dei Balilla, la chiesetta di S. Gregorio.
LA FASE PROGETTUALE
Monza: il parco lineare urbano della città
Il progetto prevede la formazione di un parco di circa 80 ettari alternativo e complementare per localizzazione e funzione al parco reale. Il progetto riprende alcuni interventi previsti dal P.R.G. del prof. Benevolo e intende collegare il parco in progetto con il parco reale , per recuperare la continuità geografica nel senso nord-sud e l’accoppiamento tradizionale tra villa e città. E’ necessaria dunque la “promenade” che colleghi il parco e la Villa reale a nord, la città ed il parco in progetto a sud. IL percorso deve valorizzare entrambi i sensi di percorrenza.
Il progetto prevede la creazione di un “parco lineare urbano” da innestare nella zona sud della città, in grado di istituire nuove centralità nella città. Lo spazio pubblico ed i servizi per il lavoro e per il tempo libero sono posti come elementi prioritari. Il parco potrà consentire la riqualificazione di una parte importante del territorio monzese.
Il programma cerca di bilanciare le preoccupazioni estetiche ed ecologiche con i problemi di controllo e di rispetto del Lambro. Il progetto è concepito come strategia piuttosto che come design, considerate le prevedibili rivedute che subirà; per questo viene proposto un sistema di 4 parti, dalla cui sovrapposizione si costituirà il parco.
L’intera zona risulta degradata e marginale, e in essa il processo di urbanizzazione è stato bloccato dal cavalcavia Turati, dal fiume Lambro e dalla ferrovia.
Lo scopo è duplice: urbanizzare un settore non lontano dal centro e realizzare un’armatura efficace, in grado di costituire la testa di ponte della città moderna.
Nel settore sud si intende ridisegnare un’area di 39 000 mq secondo un nuovo ordine, in un contesto in parte privo di caratteri urbani significativi, attraverso un’opera di alto valore simbolico che possa negare la situazione circostante con un gesto decisamente forte. Questo settore deve adempiere a parecchie funzioni e proporrà luoghi di lavoro, di studio, di cultura e di tempo libero. Il progetto prevede spazi per iniziative didattiche e strutture destinate all’ interazione sociale, prevedendo anche una serie di piazze, terrazze e spazi aperti. Il parco può diventare uno strumento di rinascita sociale, culturale ed economica.
L’area di progetto presenta un paesaggio frammentato, condizionato da importanti segni sul territorio incapaci di instaurare un rapporto omogeneo. Il progetto deve dunque misurarsi con questa difficoltà di creare un rapporto con la totalità di questi elementi.
Il PARCO URBANO è stato concepito come un’unica entità, ma con 4 suddivisioni interne: il parco costruito, il parco sportivo , il parco naturale delle acque , il parco agricolo , distinti in suoli ad altezza variabile sottolineando concettualmente il “salto”.
Il progetto prevede il ripristino di un percorso pedonale che costeggi l’andamento naturale del fiume Lambro, valorizzando gli ambiti più interessanti dal punto di vista paesaggistico. Gli argini del fiume vanno risistemati con la realizzazione di passerelle in legno ed eventuali imbarcaderi.
L’intento è quello di relazionarsi con il sito, di “legare” il progetto al luogo con le sue caratteristiche (storiche, fisiche, morfologiche) per risolvere uno dei pochi vuoti urbani rimasti in posizione strategica dell’intera città.
A nord il progetto è costituito da una pizza urbana che si relazione con la città storica ed allo stesso tempo è il punto d’approdo al parco.
La piazza di forma quadrilatera è vista come il palcoscenico della città. La posizione focale simboleggia il rapporto con la città storica. La sua posizione è strettamente connessa con il sistema pedonale della città storica ma nel contempo svolge una funzione di saldatura con l’area oggetto d’intervento. L’edificio principale, concepito come una scatola nella scatola, si contrappone allo skyline medievale della città. Il volume contiene un auditorium, un ampio spazio espositivo, un’originale foyer, una sorta di piazza pubblica ribassata, aperta alla città, da cui si può confluire da diverse direzioni.
Lo spazio espositivo è diviso in due parti, l’una per esposizioni permanenti, l’altra per quelle temporanee. All’interno di questo spazio una rampa conduce ad un “open space”, spazio flessibile nel quale si possono collocare varie attività. Una parte della piazza a est è risolta con un terrazzamento, con una vista suggestiva della conca del Lambro.
La presenza di una piastra valorizza il sito e nel contempo media con il percorso lungo fiume. Un elemento di risalita collega la piastra alla parte bassa ed in particolare al percorso del Lambro. Altri elementi di raccordo collegano le parti con le relative quote. Il sistema culturale, che si lega alle appendici del centro storico e si sviluppa con i due auditori, la biblioteca, la videoteca, il museo e le sale espositive coinvolge volutamente il percorso lungo fiume attraverso un “continuo” relazionato.
La casa dei Balilla, in quanto entità storica, conferisce spessore ed importanza all’intera area. La sua sistemazione le conferirà nuovo lustro e nuova centralità urbana, e permetterà l’insediamento di funzioni compatibili con il parco sportivo adiacente. Essa segna il passaggio tra il “parco costruito” e il “parco sportivo”.
Sull’area adiacente si prevede di realizzare un complesso di impianti sportivi all’interno di un sistema risolto a giardino, creando un luogo di arrivo e di percorso verde da ammirare a velocità differenti. Il giardino è caratterizzato da un percorso longitudinale che collega lo spazio adiacente la casa dei Balilla con il “parco delle acque”.
Posa in opera
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emanuele perego
architetto art director storyteller
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(località taccona)
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